A Glasgow è in corso COP26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che… non poteva scegliere luogo migliore. La città scozzese infatti rappresenta alla perfezione gli sforzi per un riscatto del paesaggio fino a qui sfruttato in nome della rivoluzione industriale e del progresso.
Ayr, Scozia (UK)
02 novembre 2021
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Allo stesso modo non poteva esserci occasione migliore per inviare una cartolina da Ayr, cittadina della costa sud ovest della Scozia un’area quasi sconosciuta al pubblico internazionale; nel suo porto industriale lo scorso settembre è stata inaugurata la BLACKTHORN TOWER, una torre di estrazione del sale, un progetto esemplare in termini di sostenibilità e sensibilità ambientale.
Fin dal VIII secolo l’economia delle coste scozzesi si fondava sulla produzione di sale e nell'area Sud Occidentale della Scozia questo settore economico, ormai scomparso, rappresentava una parte vitale dell'economia locale: le imprese, per la maggior parte a conduzione familiare, fino alla metà del XIX secolo hanno rifornito di questa risorsa, vitale per la conservazione del cibo, tutto il Regno Unito. La tecnica tradizionale di estrazione del sale con le cosiddette “salt pans” prevedeva che il sale venisse estratto per evaporazione scaldando l’acqua dentro delle padelle (le pans appunto), usando il carbone, una scelta ovvia per l’epoca ma che alla lunga non fece altro che contribuire allo sfruttamento di un combustibile fossile e del paesaggio e dell’ambiente ad esso associati già messo a dura prova dalla Rivoluzione Industriale. Un po’ per questa ragione e un po’ per l’avvento della salgemma, sale estratto dalle rocce e molto più economico, l’attività estrattiva è andata via via diminuendo, causando un lento declino delle economie locali e un impoverimento di molte famiglie.
Ma quando un territorio è legato a doppio filo alla tradizione, né l’economia né il passaggio dei secoli possono cancellare la sua vocazione e prima o poi arriva qualcuno che, con passione, si dedica a far riemergere quel valore sempre più raro del saper fare in simbiosi con la Terra e la Natura. È questo il caso di Gregorie che, con il desiderio di recuperare l'attività estrattiva dei suoi antenati, ha dedicato anni della sua vita a studi, ricerche e viaggi che, recentemente, gli hanno permesso di mettere a punto un sistema per estrarre il sale dall’acqua dell’oceano usando solo il sole e il vento (quello che soffia dall'Ovest, alimentato dall'Oceano Atlantico, è molto potente). La struttura si ispira alle graduation tower, costruzioni medioevali usate in Germania e Polonia costituite da un'intelaiatura di legno a forma di muro imbottita con fasci di paglia o sterpi sulle quali viene fatta scorrere l'acqua salata che per evaporazione deposita sui rametti i sali minerali. La Blackthorn Tower funziona nello stesso modo sostituendo però la paglia con i rami del prugnolo selvatico spinoso (Blackthorn appunto) che sono particolarmente resistenti e che, avendo spine molto lunghe ed appuntite, permettendo di ampliare la superficie a disposizione dell'acqua percolante favorendo un'accelerazione significativa del processo di concentrazione del sale nell'acqua che cola dalla torre goccia dopo goccia. Localizzata nel bel mezzo del porto industriale, questa piccola architettura è un monito per ricordare il passato glorioso ma crudele e per infondere fiducia nel cambiamento. La struttura, che assomiglia più ad un muro che ad una torre, è allineata al mare in modo da sfruttare al meglio il vento proveniente da Ovest.
Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l'Università di StrathClyde a Glasgow che monitora il suo funzionamento, la produttività del ciclo d’estrazione e la resistenza dei materiali. Sembra che i rami di prugnolo resistano molto bene e che addirittura influiscano sulle proprietà organolettiche del sale che, come confermato dalla nostra inviata Diana, ha un retrogusto dolce molto particolare, una caratteristica che, in un arco di tempo brevissimo, ha reso i suoi fiocchi una prelibatezza richiestissima nelle cucine gourmet della Scozia e, ne siamo sicuri, presto di tutta Europa.
Tutte le materie prime impiegate arrivano dai territori circostanti. I rami di prugnolo provengono dai boschi del sud della Scozia e l'acqua utilizzata viene da poche miglia a nord del porto e la sua qualità è regolarmente monitorata per via della pesca e del commercio ittico (soprattutto scampi). Gli unici due aspetti su cui il team sta lavorando per trovare soluzioni alternative e più sostenibili sono il trasporto dell’acqua che al momento avviene su gomma (circa un camion cisterna a settimana) e l'ultima fase di estrazione del sale, che avviene in un contenitore di metallo il cui riscaldamento viene effettuato a gas, seppure per pochissime ore (l'acqua arriva a questa fase già super satura di sale grazie all'azione della torre).
Un altro aspetto non trascurabile è che la torre sta contribuendo a migliorare significativamente la qualità dell’aria; infatti il vento, attraversando i rami cosparsi di sale, non solo accelera l’estrazione di sale marino, ma arricchisce l’aria che, da studi recenti, presenta caratteristiche molto simili a quella delle stazioni termali.
Per fare stime sicure in merito alla produttività sarà necessario aspettare qualche mese, dato che il progetto è entrato a pieno regime da poco, sembra tuttavia che potenzialmente la torre possa produrre grandi quantità di sale, in poco tempo, il tutto grazie ad una combinazione sapiente di rami secchi, vento e sole.
Più sostenibile di così!
Ad ogni modo più che alla quantità i progettisti sono interessati alla qualità del prodotto e alla coerenza dell’intero sistema.
A dimostrazione di questo è la loro scelta di utilizzare, sempre quando possibile, materiali e oggetti di seconda mano. Ad esempio, come spazio espositivo e di accoglienza dei visitatori usano un ex-vagone di un treno ottocentesco posizionato sui binari del porto, ora in disuso, che servivano al trasporto delle merci; l’intero mobilio, così come gli utensili usate per le degustazioni (piatti, posate, tovaglie…) provengono da negozi dell’usato. Anche il packaging è estremamente curato tanto nell’estetica quanto nell’attenzione all’uso di confezioni plastic free.
Come ci ha raccontato Diana, la Blackthorn Tower è come un’oasi nel deserto. La scelta infatti di collocare questa microarchitettura, esemplare di sostenibilità e cura dei dettagli, in un’area così problematica e discussa come quella del porto industriale è significativo della straordinarietà del cambiamento alla piccola scala che ha la pazienza per osservare il contesto, la saggezza per osservarlo con occhi nuovi e il coraggio di fare diversamente, infiltrandosi nelle pieghe del paesaggio per provare ad alleviare le sue ferite “da dentro”.
Quindi anche se non siederemo mai al tavolo delle grandi questioni e delle decisioni mondiali, come quelle affrontate da COP26 in queste ore, noi in quanto progettisti, qualunque sia la nostra disciplina, non possiamo più esimerci dal diffondere un nuovo modo di fare, costruire, ricostruire, imparando da progetti come questo a proteggere l‘anima e la vocazione dei nostri territori, a dialogare con la Natura e le sue risorse rinnovabili, a migliorare la qualità di vita di chi abita i luoghi. Solo così il cambiamento diventerà virale e il paesaggio ci vedrà finalmente schierati dalla sua parte, come alleati, pronti a tutto pur di difenderlo.
About Stilla
Cogliamo l’occasione per fare i complimenti a Diana e Federica di Stilla Finest Scotland che non solo ci suggeriscono straordinarie cartoline dalla Scozia, diventando ormai le nostre inviate speciali in terra UK, ma che hanno appena lanciato il primo database gastronomico di Glasgow, redatto in collaborazione con Slowfood Glasgow. La bellissima mappa, realizzata da Diana e incorporata nel sito internet creato dall’agenzia creativa Lucywatkins, riporta alcuni dei luoghi più sostenibili in cui mangiare e comprare cibo organico ed a chilometro zero in città. Potete visualizzarle e scaricarne la brochure qui: slowfoodglasgow.co.uk/glasgow-sustainable-food-directory.
Errata Corrige - refusi:
l’autore del libro “Montagne di mezzo” citato nella cartolina n°24 è Mauro Varotto;
l’autore del libro presentato nella newsletter “Francobolli dall’Africa” è Giovanni Marco Chiri.
Se hai letto fino a qui … GRAZIE!
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Alla prossima cartolina!