Nel mondo dell’architettura e del design per molti decenni lo scambio tra Est e Ovest del mondo è stato unidirezionale: l’Occidente insegnava e l’Oriente importava. Se il primo si faceva vanto della sua conoscenza ed esperienza, il secondo era troppo impegnato a colmare il gap di sviluppo e ad urbanizzare il paesaggio velocemente. La cosa ha avuto i risultati sperati tanto che l’Asia, in solo 45 anni, è riuscita ad innescare un progresso rapidissimo e a diventare una vera fucina di metropoli.
Oggi però le cose stanno cambiando. Come ha testimoniato l’architetto cinese DONG Gong, invitato da Biennale Democrazia a Torino lo scorso ottobre:
È finita la frenesia dello sviluppo rapido e ad ogni costo e così anche noi, architetti asiatici, abbiamo finalmente il tempo per farci delle domande importanti: Per chi è la città? Come fanno le persone a vivere insieme, oggi e nel futuro? Qual è il rapporto con la storia?
Pechino (Cina), Bangkok (Thailandia), Yilan (Taiwan)
16 novembre 2021
tempo di lettura: 6’ 40’’
Le circostanze sono cambiate e permettono l’affacciarsi di una nuova generazione di progettisti ai quali è finalmente concesso il tempo di affinare una sensibilità nei confronti dell’ambiente costruito e di prendere coscienza del ruolo sociale e politico del proprio lavoro, indagando la relazione tra locale e globale, tra costruito e naturale, tra storia e futuro. Le riflessioni che scaturiscono da questa presa di coscienza stanno rendendo onore alla cultura orientale che per millenni ha avuto molto da insegnare in materia di dimensione emozionale dello spazio e di appartenenza ai luoghi, intesi come amplificatori della sfera affettiva della vita; stanno anche rinegoziando la relazione tra Oriente e Occidente e permettendo l'apertura di un dialogo finalmente orizzontale.
Infatti questa possibilità, diventata ormai desiderio, di pensare al paesaggio si sta manifestando in progetti profondamente umani, sensibili e ottimisti che sono fonte di ispirazione per l’Occidente.
Vediamone alcuni.
Captain‘s House - 2017 - Fotografia: Xia Zhi, Chen Hao, Vector Architects
Lo stesso DONG Gong di cui sopra è fondatore dello studio Vector Architects (Pechino - Cina) che basa la sua progettualità su un principio universale, ma spesso dimenticato: le persone appartengono all’architettura e viceversa. Un’appartenenza che nasce dal considerare l’energia del luogo come risultante delle energie del paesaggio e delle persone che lo vivono. Dong spiega: “così come una pietra messa nel fiume increspa l’acqua, così l’architettura si immerge nello spazio e, modificando il ritmo della luce, influenza i flussi energetici del luogo”. Da qui la responsabilità dell’architetto contemporaneo di saper usare lo spazio come strumento per orchestrare le diverse energie che lo vivono e di saper maneggiare i materiali e le tradizioni costruttive locali per preservare la genetica dei luoghi. Solo così il corpo e la pelle dell’architettura potranno bilanciare il rapporto tra natura e artificio, tra vecchio e nuovo, tra fisicità ed emotività del paesaggio, stabilendo quel prezioso senso di appartenenza l’uno all’altro.
Alila Yangshuo - 2017 - Fotografia: Chen Hao, Su Shengliang
In termini di materiali e tecniche costruttive locali, un architetto da cui c’è molto da imparare e BOONSERM Premthada (Bangkok - Thailandia). Nei suoi progetti, riconoscibili per originalità e poetica, l’architettura diventa uno strumento per stabilire una relazione tra l’essere umano e l’ambiente, tra artificio e natura. Per esempio, uno dei progetti che lo hanno portato al successo è l’Elephant World un complesso architettonico per la coabitazione tra gli elefanti e i loro domatori che dimostra come la progettazione dello spazio sia il primo passo per garantire un equilibrio non solo fisico e compositivo, ma anche antropologico del paesaggio. Le architetture di Boonserm Premthada, nonostante offrano esperienze spaziali fuori dall’ordinario, sono camaleontiche perché così ben inserite nell’ambiente da sembrare parte integrante dello stesso, e questo grazie alla particolare empatia nei confronti della poetica del luogo che genera in chi lo vive, sia esso donna, uomo, animale o vegetale, un senso di armonia e serenità di cui fino ad ora si credeva capace solo la Natura.
Elephant World - credits: Boonserm Premthada
Da Taiwan arriva invece una lezione importante sul concepire il processo progettuale come strumento per costruire memoria collettiva e identità comunitaria e sul considerare l’architettura come un vero e proprio collante della società. Stiamo parlando del Fieldoffice Architects dell’architetto HUANG Sheng-Yuan che ha trasformato la sua abitazione nella piccola città di Yilan (Taiwan) in una forma avanzata di studio, per trasmettere l’importanza del rapporto quotidiano con l’architettura. HUANG ha messo a punto un metodo di progettazione che permette di stabilire una relazione stretta tra luogo e architettura in ogni fase del processo progettuale: consulta il vicinato porta a porta, fa dialogare tecnologia e tecniche costruttive tradizionali, usa plastici da immergere direttamente nel luogo. In un certo senso l’amicizia è l’essenza stessa della sua architettura: quella tra spazio privato e pubblico, tra progetto e luogo, tra designer e abitanti, tra passato e futuro; un'attitudine che va ben oltre la progettualità e che insegna che l’architettura è politica e che per questo ci mette quotidianamente davanti a delle scelte che devono rispettare la coerenza della nostra filosofia e del nostro modo di intendere il mondo.
Yilan New Moat Park - 2010-2013 - fotografia: Maria Lezhnina
Per chiudere questa breve carrellata, che è solo l’incipit di un percorso di approfondimento e scambio con il mondo asiatico, anzi con il Meridiano 120 come lo hanno definito i colleghi di ListLab, non potevano esserci parole migliori di quelle dell’architetto Alessandro Martinelli, conoscitore e grande amico di Huang, nonché direttore editoriale di ListLab, che in un’intervista ha dichiarato:
In Occidente la condizione urbana contemporanea sta rendendo l’architetto impotente davanti alla città e alla società, perché gli è sempre più difficile trovare, negli alti e i bassi del pubblico e nel ritmo frenetico della trasformazione, indizi e appigli per dare spazio ad un’idea di futuro. Siamo travolti da una crisi che, privandoci di immaginazione, ci toglie speranza e visione. Per questo le esperienze progettuali che ci giungono dall’Oriente sono così preziose, perché aprono nuove prospettive e rimettono al centro del discorso il valore che l’architettura può avere nel paesaggio contemporaneo. L’Asia non è solo esotica o locale, da lì stanno arrivando lezioni importanti di valore globale che ci daranno nuovo ossigeno.
Zhuangwei Dune Museum - 2018 - Fotografia: Maria Lezhnina
Errata Corrige:
Non l’abbiamo specificato a dovere: l’autrice del reportage fotografico della Blackthorn Tower, di cui abbiamo parlato nella cartolina n°25, è Diana Maria Zilioli.
Se hai letto fino a qui … GRAZIE!
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Arrivederci alla prossima cartolina!