Cartoline - Paesaggi immaginari e dove trovarli
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Coniato dagli esponenti del movimento di placemaking il termine “zealous nuts” letteralmente significa “folli zelanti” e indica quei cittadini appassionati e difensori della loro comunità e degli spazi che la rappresentano. Una pazzia per l’appunto, che richiede solerzia!
Cartolina n° tredici
data: 22 VI 2021
luogo: Placecity (Europa, USA)
n° di serie: 13
Quello del Placemaking è un concetto giunto a noi piuttosto recentemente grazie all’espansione del Project for Public Spaces (PPS), l'organizzazione no-profit fondata a New York nel 1990 che, insieme al pioniere Jan Gehl, ha portato avanti il lavoro iniziato negli anni ‘60 da Jane Jacobs e William H. Whyte. I due sociologi furono i primi a sostenere la necessità di un cambio di prospettiva: dalla città modernista tempio dell’automobile alla città che mette le persone al centro.
Il contributo successivo di PPS è stato quello di dimostrare, nel suo trentennio di attività, che la trasformazione dello spazio pubblico può e deve passare non solo da pianificatori e intellettuali visionari e innovatori o da politici potenti (che fanno comunque comodo) ma da cittadini impegnati e dediti a prendersi cura dei propri luoghi. PPS ha dimostrato anche alle istituzioni più scettiche, quelle che si chiedono “Perché dovremmo affidarci a persone senza esperienza nella pianificazione?” che proprio l’aumento del numero e della tenacia dei “folli zelanti” sia il modo migliore per rivoluzionare il modo di vivere, costruire e immaginare le città.
A proposito di questo, quali sono le follie a cui questi cittadini si dedicano con passione?
Azioni minute, invasione di strade, educazione.
I principi di Placemaking Europe - © www.placemaking-europe.eu
Il primo topic del placemaking è come rendere attraenti gli spazi urbani a partire da pratiche “minute”, di piccola o piccolissima scala. Il principio è assimilabile alla differenza tra sostenere un centro commerciale o un mercato. Non a caso si definisce market city la città in cui gli abitanti chiedono una riduzione degli investimenti per progetti griffati e di grande scala a favore di una ridistribuzione delle energie per il sostegno di una rete di opportunità al dettaglio che comprende non solo la vendita di prodotti ma anche di servizi, come biblioteche itineranti, bar e caffetterie su ruote, servizi di ascolto e assistenza di strada. Il focus è mettere in rete le aree d’interesse, ampliare l'accesso alle realtà locali, creare destinazioni visitate e frequentate dagli abitanti della città, migliorando così la qualità di vita e di salute del quartiere.
Pittsburgh (Pennsylvania, USA) - © archivio di PPS
Se il mercato è l’ecosistema a cui i cittadini zelanti si dedicano, la strada è il luogo per eccellenza dove seminano e coltivano condivisione. In questo sono aiutati da due grandi esponenti del placemaking: l’australiano David Engwicht e l’olandese Hans Monderman. Il primo è un visionario, il secondo un ingegnere del traffico, e sono accomunati dalla convinzione che il nuovo modo di regolare il traffico sia rimuovere i dispositivi di controllo, come i segnali di stop, le linee di corsia, le strisce pedonali e anche i marciapiedi, perché dicono:
“… ciò che questi segnali comunicano agli automobilisti è che possono muoversi in libertà e il più velocemente possibile. Rimuoverli costringerebbe invece chi è al volante a fare i conti con l’incertezza di quello che può trovare per strada, obbligandolo a fare più attenzione, a rallentare, a stabilire un contatto visivo con i pedoni e a decidere metro per metro come procedere”.
Per recuperare le strade come luoghi di socialità, i due folli visionari propongono di:
installare opere d’arte agli incroci (più il piedistallo è alto, più l’incrocio sarà congestionato);
illuminare le aree pedonali;
estendere i plateatici fino al bordo della strada;
sostituire i cordoli che delimitano marciapiedi o piste ciclabili con colori e texture;
incitare i bambini a giocare per la strade, “occupandole senza chiedere”.
Detroit (Michigan, USA) - © archivio di PPS
L’altra cosa che i cittadini zelanti chiedono a gran voce è che, invece che spendere soldi per le operazioni di "abbellimento" della città, le istituzioni investano fondi ed energie per educare la comunità al placemaking.
Uno dei progetti che ha fatto storia in questo senso è in Mississauga, Ontario, una città di 700.000 abitanti adiacente a Toronto. Nel 2006 il centro commerciale, attrazione principale della città, è stato sostituito da un centro comunitario all’aperto, grazia all’ardente sostegno e impegno di un gruppo di cittadini over 60 che aveva avuto l’occasione di partecipare a un workshop di formazione di PPS a New York. Nell’anno successivo 1000 tra dipendenti pubblici e cittadini sono stati formati in placemaking, un’attiva educativa che si rinnova ogni anno e che ha trasformato Mississauga nella città simbolo della pianificazione di comunità.
Mississauga (Canada) - © archivio di PPS
Anche in Europa è in corso l'ascesa globale del placemaking e dei processi di progettazione collaborativa. Da poco più di un quinquennio è nata Placemaking Europe, la rete-movimento transnazionale di professionisti ed entità che rivendicano (e praticano) modi alternativi di intervenire nella città in una logica più inclusiva, partecipata ed ecologica. La rete sta mettendo in connessione un numero crescente di città, professionisti, accademici, esponenti di comunità, attori della scena economica e politica di tutta Europa. L'obiettivo è condividere conoscenze, scambiare idee e strumenti, dare vita a progetti di co-design.
La biblioteca di teorie, luoghi e città su cui si basa Placemaking Europe è recente, ma sta già componendo una mappa di nuovi monumenti urbani da tenere d’occhio, perché sono semi di follia ed è da loro che nasceranno le rivoluzioni!
Per approfondire:
Se hai letto fino a qui … GRAZIE!
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Appuntamento al prossimo martedì!
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