Gli strumenti digitali contribuiscono ad aumentare le nostre facoltà e capacità.
Lo notiamo ogni giorno grazie alla facilità e rapidità con cui troviamo il percorso per raggiungere una via sconosciuta, scopriamo velocemente gli orari di apertura di negozi e attività, acquistiamo beni e servizi dal divano di casa, ci connettiamo in tempo reale in ogni parte del mondo. La tecnologia ci ha reso più smart e (almeno in apparenza) più intelligenti.
Se tutto questo é un vantaggio per lo sviluppo del singolo, può esserlo anche per la comunità?
Los Angeles, California (USA)
14 settembre 2021
tempo di lettura: 5’ 40’’
Lo studio Plethora-Project, con base a Los Angeles (California), da qualche anno si sta dedicando a dimostrare che il digitale non solo è vantaggioso per la vita di comunità, ma può addirittura fornire gli strumenti per costruirla o quanto meno per imparare a farlo.
Il team, diretto dall’architetto/programmatore/game designer Jose Sanchez, fonda il suo pensiero su due principi:
l’uomo è al centro di ogni processo progettuale e per questo è responsabile delle sue scelte e decisioni;
il processo di design è scomponibile in elementi seriali che, quando combinati sulla base di necessità ed esigenze, danno origine ai diversi scenari ambientali, per questo è necessario conoscere questi elementi ed imparare a combinarli.
La ricerca di Plethora nasce dalla critica verso un modo di progettare e costruire che, anche quando si tratta di spazi pubblici e collettivi, si basa sulla competizione professionale ed economica, riducendo la progettazione ad una questione di costi e ricavi, svalutando il processo e tralasciando completamente il valore della pratica progettuale.
Un paradosso se pensiamo che stiamo vivendo un’epoca che offre opportunità di condivisione senza precedenti e che quotidianamente ci pone di fronte al valore intangibile del fare rete, scambiare contenuti e connettere luoghi e pratiche.
Per questo, come afferma Jose Sanchez:
È necessario individuare infrastrutture che abbiano la forza di opporsi alla proliferazione dei meccanismi neoliberali nella progettazione e che sappiano offrire alternative.
Così Plethora ha coniato il concetto di “Architectures for the Commons” (Architettura per i Beni Comuni) la pratica di progettazione che:
aiuta l’individuo a sviluppare consapevolezza sulle conseguenze sociali, economiche e politiche delle proprie scelte;
enfatizza la cooperazione open source tra architetti e comunità.
Come?
Attraverso il digitale che aiuta a diffondere pratiche che contribuiscono alla crescita della collettività.
Architectures for the Commons è un’infrastruttura ideologica e tecnologica per mettere a disposizione di un sistema sociale attivo una biblioteca virtuale di elementi d’architettura con i quali combinare scenari urbani e testare pratiche di vivere comunitario, usando le potenzialità del videogioco, uno degli strumenti digitali più socialmente riconosciuti. L’iniziativa ha un valore sia educativo che di ricerca perché non solo esplora la connessione tra digitale e architettura, ma contribuisce allo sviluppo del pensiero sistemico di cui l’urbanistica e il paesaggio contemporaneo hanno estremamente bisogno.
Il primo videogame realizzato da Plethora è Block'hood1 che simula la costruzione di città invitando i giocatori a immaginare un quartiere e a costruirlo a partire da un catalogo di oltre 200 blocchi; ogni blocco ha delle prestazioni energetiche - consuma o produce risorse - che attirano abitanti, sia umani che animali. La sfida è mantenere l’equilibrio ecologico e fornire un ambiente positivo per far prosperare la comunità.
Al momento lo studio è pronto al lancio di Common'hood, il gioco che simula la sopravvivenza della comunità, attraverso pratiche di autogestione e auto-costruzione. Si potrebbe infatti definirlo il videogame del DIY.
La scenario è questo (nemmeno così irreale):
dopo un crollo economico gli abitanti del quartiere sono rimasti senza un posto dove vivere, così occupano la vecchia fabbrica abbandonata e ricostruiscono un nuovo habitat, auto-costruendo case, infrastrutture e servizi.
Common'hood si ispira alla realtà e al Maker Movement, infatti a differenza di Block'hood non ci sono elementi standard, ma vengono personalizzati secondo le esigenze. Il giocatore può quindi progettare Tiny Homes, mobili e arredi urbani, impianti agricoli e qualsiasi struttura necessaria a migliorare la vita del quartiere. Questi oggetti convogliano poi in un mercato virtuale dove, sulla base delle logiche creative commons, è possibile scambiarsi oggetti, creazioni e progetti, aumentando la reputazione dei progettisti che possono così catalizzare competenze e materiali per migliorare e incrementare il proprio sapere progettuale e tecnico.
In Common'hood la condivisione e la collaborazione sono il segreto del successo e la sfida è mantenere la propria comunità in salute. Per avanzare nel gioco e sopravvivere è necessario collaborare con i membri della comunità che si aggiungono al team di progettisti e autocostruttori, lavorando insieme e scambiando abilità; inoltre ogni abitante del quartiere ha una sua storia che aiuta il giocatore a capire come creare un ambiente pacifico e solidale. Per essere ancora più coerente, il gioco prevede la possibilità di collaborare con la tecnologia, permettendo di automatizzare strumenti, come robot e macchine, che aiutano a snellire la produzione consentendo al giocatore di avere più tempo libero per esplorare i luoghi abbandonati, riflettere sulle loro potenzialità e aiutare il vicinato. Infine, dato che l’obiettivo è sviluppare una visione completa della struttura dell’ecosistema comunitario, per sopravvivere serve generare cibo e risorse, attraverso l’agricoltura e/o lo scambio di saperi e materiali.
Anche nell’aspetto grafico Common'hood mantiene le promesse. Tutti gli elementi (colori, musica, forma, espressione degli avatar) concorrono a costruire uno scenario familiare e simpatico, molto simile a quello di un film di animazione, centrato sull’uomo e sul suo habitat sociale. Il videogame sta riscuotendo l’interesse non solo tra i game designer, ma anche tra i ricercatori sociali che studiano nuove tecniche per la partecipazione e la cooperazione delle comunità attraverso le reti digitali.
Common'hood sarà acquistabile a partire dall’autunno sulla piattaforma STEAM, dove per ora è disponibile una demo gratuita.
Speriamo che anche nel prezzo sia coerente con la sua visione e sia quindi accessibile a molti, perché può davvero essere un antidoto alle attuali pratiche progettuali, che perpetuano la disuguaglianza, e diventare un incentivo al coinvolgimento e alla partecipazione alla discussione sulla produzione e governance dei Beni Comuni.
Terremo monitorata la questione e vi faremo sapere!
Per ora fatevi un giro sul sito del progetto. I trailer e i teaser del videogame offrono una panoramica molto completa di quello che sarà.
Nota: tutte le immagini sono estratte dal sito e dalle pagine social di Plethora-Design
Se hai letto fino a qui … GRAZIE!
Se hai qualche commento o suggerimento, scrivici!
Alla prossima cartolina!
Premiato nel 2016 come “Best Gameplay” al Games for Change festival di New York; finalista al Games for Impact di Los Angeles e considerato “Best App” nel Fast Company's Innovation by Design.